Intervista a Elena Bagnasco, Lady GP per i Guzzisti
Chi era Giorgio Parodi?
Giorgio Parodi nacque e crebbe in una famiglia di imprenditori di spesso calibro con grande intuito per gli affari, nonno e padre erano infatti dotati di intelligenza viva e particolari capacità che li portarono a non avere rivali nel loro settore.
Capostipite della famiglia fu Angelo Parodi, fondatore del tonno Angelo Parodi; a lui dobbiamo l’invenzione del metodo per conservare il pesce in scatola. Cavaliere del Lavoro, come poi fu il figlio Emanuele Vittorio Parodi, a Genova conosciuto come “u sciù Parodi” di Govi, insieme diedero origine alla più grande flotta di navi italiana dell’epoca, di cui ancora oggi Ponte Parodi ne porta testimonianza.
Curiosamente Angelo scelse l’aquila come simbolo per i suoi prodotti, proprio come fece Giorgio anni dopo anche se per altri motivi.
Nonno Giorgio fu cittadino esemplare, coraggioso pilota e grande imprenditore; un uomo tutto d’un pezzo, d’altri tempi. I pilastri su cui fondò la sua vita furono Patria, lavoro, famiglia e fede. Ebbe un profondo senso del dovere da compiere, amava la vita austera, non si sottraeva mai alle proprie responsabilità e affrontava il rischio con coraggio. Valori solidi, che ancora oggi ritroviamo nella nostra Aeronautica Militare.

Perché fai riferimento all’aeronautica militare? Cosa c’entra con Giorgio Parodi?
La squadra di lavoro prevedeva Carlo Guzzi, meccanico motorista e progettista, Giorgio, che si sarebbe occupato della parte imprenditoriale (il fare impresa nella sua più ampia accezione) e Giovanni Ravelli, il collaudatore. Giorgio e Giovanni erano piloti di moto e di aerei e Giorgio era più giovane di dieci anni rispetto agli altri due.
Oggi possiamo trovare nel museo di Mandello del Lario una bellissima lettera in cui il papà di Giorgio, nel concedere il prestito per la realizzazione del primo protipo, scrive al figlio esprimendo tutto il suo sostegno per la realizzazione di questo progetto accordando una prima cifra, da non oltrepassare, di 1500/2000 lire.


Il papà che tutti vorremmo, insomma.
Nelle lettere che ho avuto modo di leggere il forte legame tra padre e figlio è più che evidente, così come sono amorevoli e ammirevoli le parole destinate al figlio per il suo senso di lealtà e di dovere nei confronti del Paese. Emanuele Vittorio inoltre, da grande imprenditore, nel frattempo aveva già preso contatti con persone introdotte nel mondo motociclistico e alla presentazione della GP nel 1919, così come prometteva nella lettera al figlio “[…] Se per fortunata ipotesi esso mi piacesse sono disposto ad andare molto avanti senza limitazione di cifre […]”, accordò ulteriori sovvenzioni al progetto.

Nel 1919 nasce GP GUZZI PARODI ma l’amico Giovanni Ravelli?
Purtroppo l’amico Giovanni Ravelli morì in un incidente di volo poco prima della presentazione del primo prototipo nel 1919, la GP, Guzzi-Parodi, esposta in bacheca nel Museo di Mandello del Lario.
Non tutti sanno ma fu proprio Giorgio che, in ricordo dell’amico pilota, scelse l’aquila ad ali spiegate da apporre prima sulla sua divisa da pilota e poi sui serbatoi di tutte le loro moto.
Ancora oggi simbolo distintivo di tutti i piloti militari e civili, anche a livello internazionale.
E perché la famosissima motocicletta oggi non porta anche il suo nome?
Furono sempre il carattere discreto e signorile, la sua grande generosità e la sua onestà intellettuale che lo portarono a decidere di non chiamare GP le motociclette prodotte. GP (Guzzi Parodi), infatti, erano anche le iniziali del suo nome e non voleva che la l’appellazione potesse interpretarsi esclusivamente in questo senso, andò quindi contro il parere di suo padre e lasciò al progettista Carlo Guzzi tutto l’onore del marchio.
È risaputo che Mandello del Lario è la Patria dei guzzisti. Perché non Genova, la città di uno dei due fondatori?
Il 15 Marzo 1921 fu fondata a Genova la prima “Società Anonima Moto Guzzi” con capitale quasi interamente proveniente dalla famiglia Parodi, Carlo Guzzi ebbe una quota di partecipazione simbolica. Il primo presidente fu Emanuele Vittorio, Giorgio vice presidente, alla morte del padre nel 1945 Giorgio prese il suo posto. All’epoca Genova era già una città molto importante a livello industriale ed erano in corso non poche agitazioni da parte della classe operaia, parliamo del biennio rosso. I Parodi scelsero dunque di stabilire la sede legale a Genova, che vi rimase fino al 1953, mentre lo stabilimento di produzione a Mandello del Lario dove la famiglia Guzzi aveva una casa di vacanza e dove, una volta morto il padre, si erano trasferiti lasciando Milano.
I Parodi fecero investimenti in azienda per centinaia di milioni dell’epoca per essere all’avanguardia nella produzione. In azienda si trovavano macchine automatiche a ciclo continuo, alcune progettate appositamente in Svizzera, centrali elettriche, spacci aziendali e circoli ricreativi, la Moto Guzzi era indipendente sotto ogni profilo. La sede legale genovese era collegata via ponte radio con lo stabilimento avviato a Mandello del Lario, una vera rarità per il tempo.
Una vita divisa tra Mandello e Genova.
Esattamente. Il nonno, fedele al suo carattere tumultuoso, oltre alle attività di famiglia, armatoriale e motociclistica, nel 1928 fondò insieme al fratello e Giorgio Profumo, l’attuale Aeroclub di Genova. Sua pupilla fu l’imbattuta Carina Negrone, a lui è dedicata la scuola di volo genovese.
Già pluridecorato, partecipò alla Guerra d’Etiopia e la Seconda Guerra Mondiale lo vide in prima linea.
Fu proprio durante quest’ultima che ebbe un grave incidente, un motore esploso in volo gli costò la perdita dell’occhio destro, ma sopportando e tacendo il dolore riuscì a portare i suoi compagni in salvo, celebre di lui la frase: “Meno male che è capitato a me che ho i soldi per curarmi”.
Con un occhio di meno, il viso sfigurato dalle cicatrici ed un braccio semiparalizzato, il Capitano Giorgio Parodi fu costretto a dire addio al volo, dopo aver ottenuto 5 medaglie d’argento e una di bronzo.
Atterrato definitivamente a Genova, nonno decise di dedicarsi completamente al lavoro e alla famiglia, che nel frattempo era cresciuta. Nel 1937 sposò una giovane Elena Cais di Pierlas, grande amore della sua vita, dalla quale ebbe 3 figli, 2 maschi Andrea e Roberto, mancati entrambi in giovane età in gravi incidenti d’auto, e Marina, la mia mamma, unica figlia e ancora in vita.


In che modo nonna Elena ha contribuito al sogno della grande Guzzi?
Dopo il matrimonio fu proprio nonna Elena a scegliere i nomi delle motociclette. Airone, Falcone, Galletto, Lodola sono solo alcuni nomi di famose motociclette. Erroneamente molti pensano che sia un naturale proseguo dalla scelta di incidere l’aquila sui serbatoi ma non è così, dietro c’è un’altra storia o più semplicemente un grande amore. Dopo il loro matrimonio si è passati da nomi molto forti e maschili come la “Normale” a qualcosa di più morbido, più dolce. Cosa non fa l’amore, vero? (ride ndr).
Avresti un altro piccolo aneddoto per noi?
Lo stabilimento della Guzzi non fu mai stato bombardato durante la guerra. E anche qui c’è stato lo zampino di nonno Giorgio. Mi è stato recentemente raccontato da Angelo, figlio del pilota Ferdinando Balzarotti che correva per la Guzzi che durante la guerra capitò non poche volte che Giorgio chiamasse Ferdinando per delle missioni a Torino e Roma. Racconta Angelo che i due, in pieno coprifuoco bellico, partissero in moto, un Condor, in gran segreto di notte, per andare a prendere accordi con gli alleati. Ferdinando alla guida della sua motocicletta e Giorgio seduto dietro che lo abbracciava mettendogli le mani nelle tasche per schermarsi dal freddo.
“Corri Ferdinando, corri!”
“Ma non posso Dottor Giorgio, siamo schermati (senza luci), non ci vedo!”. “Leva tutto Ferdinando, vai forte!”
E poi si addormentava sulla spalla del pilota, sfinito dalla stanchezza.